Un giudice di Brescia assolve un’avvocatessa dall’accusa di avere calunniato un suo collega magistrato ‘perché il fatto non costituisce reato’. Succede, e quando succede è sicuramente una notizia.
La toga milanese Benedetto Simi De Burgis aveva querelato il legale per calunnia perché lei lo aveva accusato di avere pronunciato frasi “offensive, denigratorie e umilianti” nei suoi confronti, durante un procedura in cui era curatrice, “finalizzate a farle togliere gli incarichi”.
Due a zero per l’avvocatessa (parziale, De Burgis farà senz’altro appello) perché la vicenda penale deriva da una disciplinare, chiusa con un provvedimento definitivo di ‘censura’ da parte della Corte di Cassazione a carico del magistrato per avere tenuto “un tono irridente e allusivo” nei confronti della curatrice. Il legale aveva fatto scattare il procedimento disciplinare lamentadosi col presidente della sezione in cui lavora De Burgis del contenuto di alcuni scritti, da lei ritenuti offensivi, e lui aveva ribattuto denunciandola per calunnia. De Burgis, stando a quanto scritto dalla Cassazione, si era preso gioco dell’avvocatessa ironizzando sulla sua esosa richiesta di liquidazione rispetto al patrimonio da lei amministrato e su altre strategie procedurali del legale nell’ambito di una procedura per la nomina di un ammistratore di sostegno. Nel suo ricorso alla Cassazione, dopo una prima censura del Csm, il giudice si era difeso sostenendo che la donna avesse “specifici motivi di astio” contro di lui. (manuela d’alessandro)
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